[TESTO A CURA DI FABIO MUZZOLU]
La separazione della Gran Bretagna dall’Unione Europea, la cd Brexit, è giunta ormai alla sua fase cruciale. A livello globale i suoi primi effetti si sono già manifestati con moltissime multinazionali che hanno trasferito la loro sede legale dall’UK ad altre capitali dell’UE. Quello che vorremmo capire oggi è invece quali ripercussioni questo evento avrà nella vita di tutti i giorni dei moltissimi ragazzi sardi che vivono o vorrebbero trasferirsi in Inghilterra. Ne abbiamo discusso con Fabrizio Ori, Accomodation Analyst a Londra, che terminati gli studi in Economia nel 2010 ha deciso di trasferirsi in Inghilterra.
Quali sono le circostanze che ti hanno portato a vivere in Inghilterra?
Ottenuta la laurea specialistica a Sassari avevo il desiderio di frequentare un master in Inghilterra. Grazie al programma "Master and back" sono riuscito ad ottenere una borsa di studio e così ho deciso di partire e dopo quasi dieci anni sono ancora qui.
Quindi hai fatto il “Master” ma non hai fatto il “Back”...
No perché gli sbocchi occupazionali previsti in caso di rientro erano o nel settore pubblico o nel campo della ricerca e nessuno dei due era di mio interesse. Ho deciso di rimanere in Inghilterra e frequentare l'Università dell'Essex. Terminati gli studi ho iniziato la ricerca di un impiego e, dato che erano gli anni della recessione, non è stato facile riuscire a trovarlo.
Hai provato a cercarlo anche in Italia o in Sardegna oppure eri sempre deciso a restare in UK?
La mia volontà era quella di sfruttare al massimo il percorso di studio fatto all'Essex e quindi ho cercato esclusivamente qui. Anche perché in Italia se non si ha una esperienza lavorativa alle spalle è molto difficile trovare qualcosa. Prendi ad esempio i tirocini; in Italia vengono svolti dai laureati che nella migliore delle ipotesi percepiscono un piccolo rimborso spese mentre in UK sono principalmente riservati agli studenti. Alla fine penso che il mercato lavorativo in UK sia molto più stimolante.
Fammi fare il "sardista". Tu sei la classica risorsa che ha studiato qua. Hai fatto anche il Master and Back usufruendo quindi di fondi che l'UE ha destinato alla Sardegna e alla fine hai deciso di rimanere lì vanificando l'investimento che la Regione ha fatto su di te.
Il problema è che se non si creano opportunità lavorative le persone che come me fanno questo percorso o non rientrano o, anche se lo fanno, prima o poi vanno via. Dal mio punto di vista è un investimento un po' sprecato.
Veniamo alla Brexit. Quando tu sei arrivato in Inghilterra nel 2010 se ne parlava già?
No, fu introdotta nella campagna elettorale del 2015 quando Farage, forte di un ottimo risultato alle precedenti elezioni europee, condizionò il suo appoggio a Cameron al via libera per un referendum sulla Brexit. Cameron, grazie a questa forte alleanza, vinse facilmente le elezioni e fu costretto a mantenere la parola data.
Secondo te qual è stata la motivazione che ha portato i cittadini UK a votare a favore della Brexit? Pensi sia stata una scelta "di pancia" oppure ci sono state altre motivazioni?
Inizialmente è certamente stata una scelta di pancia. Tutti volevano essere indipendenti dall'Europa. Una volta che il processo della Brexit è iniziato molti hanno cambiato idea, ma ancora ad oggi la percentuale dei favorevoli è comunque molto alta.
Quindi il sentimento antieuropeo è reale?
Quello c'è sempre stato, infatti non si sono mai uniti alla moneta unica. Negli ultimi anni del governo Cameron poi avevano la sensazione di non essere presi in considerazione dall'UE e quindi si domandavano chi glielo facesse fare a far parte del sistema.
Ovviamente non avevano la minima idea di cosa potesse cambiare a livello commerciale o della vita di tutti i giorni. Ti faccio un esempio: circa il 50% delle importazioni della Gran Bretagna viene dall'Europa. Basterebbe un semplice dazio per creare problemi notevoli che prima non si avevano.
Percepisci questo sentimento anche dalle persone che frequenti tu?
Vivendo a Londra non molto, qui il 70% delle persone avevano votato contro la Brexit.
Mi ricordo lo shock subito dopo le elezioni. Nessuno voleva parlare dell'argomento e ci sono voluti sei mesi per metabolizzarlo. Oggi invece non passa giorno senza che non se ne parli.
Non pensi che tutto questo sia stato una sconfitta per l'Europa?
L'Europa purtroppo non si è mai espressa in maniera decisa. Non ha mai detto "noi non vogliamo questo divorzio" e questo ha aiutato Farage e Johnson nel convincere le persone più indecise.
Ora tu corri qualche rischio oppure il fatto che ti sei trasferito da prima ti fa stare tranquillo?
Avendo lavorato più di cinque anni qui ho avuto il Settled Status che è una sorta di residenza permanente quindi non corro alcun rischio. Potrei anche trasferirmi all'estero per diversi anni ma manterrei questo diritto.
Un ragazzo invece che decidesse di fare il tuo stesso percorso partendo ora troverebbe difficoltà in più?
Sì. Prendi ad esempio le tasse universitarie; prima i cittadini UE erano equiparati a quelli britannici e godevano delle stesse agevolazioni; ora con la Brexit verranno considerati cittadini extracomunitari e quindi pagheranno di più.
Avranno dei problemi anche le aziende sarde che operano qui; importare i prodotti tipici della Sardegna ora sarà un po' più complicato, e di conseguenza lo sarà anche mantenere i prezzi competitivi.
Noi sardi come veniamo visti in UK? E, più in generale, gli italiani?
Purtroppo la Sardegna non è molto conosciuta. Almeno la metà delle persone con cui parlo la confondono con la Sicilia oppure non sanno proprio dove si trovi. Quelli che ci sono stati invece hanno dei ricordi fantastici. Il turismo qui è molto marcato verso la Spagna e la Grecia, quindi è difficile convincerli ad andare in Sardegna.
Per gli italiani valgono sempre i soliti stereotipi, ma ad onor del vero noi non facciamo un granché per convincerli a cambiare idea.
C'è un ritorno del nazionalismo italiano, principalmente di natura salviniana ma fondamentalmente estendibile anche alla sinistra, dell'idea che noi italiani siamo i migliori del mondo e che se andiamo all'estero siamo i più bravi. E' davvero così oppure, nella realtà dei fatti, siamo esattamente come gli altri?
Come si è sempre capito l’Italia non ha mai avuto un posto nevralgico nelle decisioni. Non veniamo presi molto in considerazione. Per quanto riguarda il populismo credo che questo sia dovuto al fatto che i grandi partiti hanno deluso e quindi c'è stata la voglia di un terzo che sparigliasse un po' le carte.
Ti manca la Sardegna? Se si presentasse l'occasione giusta ritorneresti?
Io sono un sardo un po' atipico: mi sono sempre considerato un cittadino del mondo quindi dire che mi manca sarebbe un po' una bugia. Torno volentieri per trovare parenti e amici, però pensare una vita in Sardegna sicuramente no.
Dici questo perché pensi che tornando dovresti accontentarti di vivacchiare con il lavoro come facciamo un po' tutti oppure è una questione di ambiente?
Cinquanta e cinquanta. Nel lavoro vedo oggi le stesse criticità che vedevo dieci anni fa e che mi hanno portato ad andare via. In termini di realtà di vita, le apprezzo e rispetto molto, ma decisamente non fanno per me.
Come vedi la Sardegna in prospettiva?
Non sono molto ottimista. Vedo una forte dipendenza della Sardegna dal governo centrale che tutto sommato ci ignora. Questo essendo la Sardegna un'autonomia speciale, non dovrebbe accadere. Un altro problema è la mancanza di individualità. I sardi, pur essendo grandi lavoratori, non hanno la tendenza a condividere i risultati che ottengono. Dovrebbero avere più intraprendenza e più faccia tosta e non aspettare che sia sempre lo stato centrale o la giunta regionale ad aiutarli. Ad esempio, politicamente parlando, io non apprezzavo molto Soru, però bisogna riconoscere che è stato uno dei pochi imprenditori ad avere avuto la faccia tosta di cui parlo.
Questa mancanza ci porta a dipendere troppo dai vari Briatore di turno.
Ma possibile che la nostra ambizione, che sicuramente è rispettabile ma di certo non la condivido, sia quella di fare i baristi/lavapiatti per 5 mesi all'anno, quasi sempre sottopagati, arricchendo i Briatore della situazione?
Sarebbe utile diversificare i settori d'impresa. Bisognerebbe fare una grande campagna, non soltanto a livello politico, ma anche dal basso in modo tale da attirare nuovi imprenditori da fuori con i quali collaborare. Invece si vive ancora con l'obiettivo del posto fisso e manca la mentalità di creare impresa.
Avrei finito, però mi hai fatto venire in mente un’altra domanda. Nel nostro evento inaugurale c’è stato un dibattito acceso tra Pala e Boldrin sull’indipendentismo e anche tu precedentemente hai parlato di Stato centrale che ci ignora e noi, anziché andare a tirargli le orecchie, ce ne stiamo zitti e buoni. Ci spieghi meglio il tuo punto di vista?
Lo vedo come un rapporto tra madre e figlio. E’ ovvio che lo Stato centrale non può badare costantemente a tutte le regioni. Una regione un po’ più autonoma dovrebbe avere maggior potere sia decisionale sia economico. Penso che la Sardegna a livello legislativo abbia un limite molto evidente in cui non può prendere determinate decisioni senza il consenso dello Stato centrale. Dal punto di vista pratico poi l’economia sarda è molto debole quindi non credo che da sola riuscirebbe a sostenersi. Alla fine l’idea dell’indipendentismo sardo e quella della Brexit sono molto simili tra loro: sono ideologie che avranno sempre i loro sostenitori ma a livello economico sono molto difficili da realizzare perché bisognerebbe creare tanti piccoli stimoli, ad esempio le tasse e la gestione degli introiti, rimanendo competitivi con gli altri paesi.
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