Ormai chi ci segue, e per fortuna siete sempre di più, sa che abbiamo un chiodo fisso.
Una vera ossessione, al limite del patologico.
Crediamo però che sia un'ossessione bella, positiva e che vale la pena perseguire ad oltranza.
E' quella relativa all'istruzione ed al vergognoso stato in cui si trova in Sardegna.
Non esiste problema sardo che non abbia un legame con questo.
Qualsiasi politica, progetto e obiettivo che non parta da questa constatazione o che ne ignori/minimizzi la sua gravità, è destinato a fallire così come, infatti, sistematicamente e miseramente falliscono da decenni.
In risposta a questo nostro "accanimento" nei confronti del macrotema istruzione qualcuno ci ha risposto con una critica che possiamo così riassumere: non esagerate troppo, perché, alla fin fine, studiare non è detto che sia così importante; se una persona è laureata non è necessariamente più brava né intelligente di chi non lo fa o, viceversa, se è capace non lo è in quanto laureata.
Della serie: state sbagliando a fissarvi troppo su questo argomento.
Dopo una critica del genere, abbiamo pensato di creare un post/video apposito per parlare di questo, anche perché si tratta non di una critica isolata ma di un sentire comune tristemente diffuso in Sardegna.
Sono luoghi comuni che spesso si sentono dire anche in famiglia e che rappresentano una delle cause del drammatico abbandono scolastico, proprio in quanto veicolate dal contesto familiare.
Partiamo da una constatazione di fondo: questa è una frase tipica del populismo imperante e ne rappresenta in toto la forma mentis.
Ed è una frase ricca di retorica, in quanto parte da delle affermazioni vere (o parzialmente vere), ignorando completamente il tema nel suo complesso e portando a delle conclusioni sbagliate, riducendolo a semplificazioni inutili e dannose.
Un esercizio molto frequente fra la pessima politica oggi maggioritaria.
Il concetto che la laurea non renda necessariamente più bravi o intelligenti è infatti riduttivo, non coglie il punto e, anzi, aggira il problema.
E' di fatto una non risposta, che però purtroppo affascina e crea consenso, stimola le menti meno acute e, proprio per queste, le inganna in mala fede.
Il disprezzo verso le competenze e l'essere dotti è sempre più forte, attraverso esso si giustificano i propri fallimenti personali per autoassolversi.
In questi anni non essere istruiti e competenti sembra quasi di moda in quanto, non si sa per quale oscuro motivo, rappresenterebbe di più l'essere una persona del popolo.
Ministri e politici importanti si vantano di non avere una laurea, diffondendo un messaggio terribilmente sbagliato.
Come se fosse, appunto, un vanto, una dimostrazione di forza, un invito a non laurearsi.
E questo spesso trae in inganno il cittadino più debole e meno preparato, che quasi si rivede in queste figure, arrivando a pensare che sia giusto prendere il loro esempio.
Un circolo vizioso che si autoalimenta incentivando ancor di più l'ignoranza.
No, la verità non è questa, la realtà dei fatti non è questa, è solo un'altra delle grandi illusioni da demolire il prima possibile.
Il fatto che una laurea, di per sé, non renda necessariamente intelligente è un dato di fatto.
E' come confermare che 2 + 2 fa 4.
Non porta niente di nuovo.
Praticamente scontato, è come dire un'ovvietà, lapalissiano, appare anche stupido doverlo confermare.
Infatti nessuno di noi lo ha mai affermato né tanto meno pensato.
Il fatto è che il concetto non è questo.
Ci sono innumerevoli altri aspetti che rendono il laurearsi un qualcosa che è assolutamente consigliabile fare e che rendono chi non lo fa delle persone a cui in un certo senso manca qualcosa, da un punto di vista intellettuale e di approccio alla vita in generale.
Il tutto ovviamente salvo eccezioni con le quali, ricordiamo, non si dovrebbe mai argomentare e sulle quali, invece, spesso si basano intere teorie e "ragionamenti" (oltre che programmi politici).
Affrontare un percorso di laurea, infatti, è un'esperienza fondamentale per la crescita umana di un individuo e niente e nessuno sarà mai capace di dimostrare il contrario.
Mette alla prova con se stessi, costringe la persona a superare degli scogli che difficilmente affronterebbe fuori da quel tipo di percorso.
Sono situazioni spesso complicate, per niente semplici, che si possono associare a molte situazione di vita alle quali, quindi, ci si prepara.
Innanzitutto vi è un confronto costante: con l'ambiente universitario tutto, con i colleghi, con i professori, con il sistema "burocratico".
E questo affossa tutte le teorie secondo cui "se uno vuole, può studiare per i fatti propri ed imparare comunque ciò che gli serve".
No, sbagliato!
Il confronto con i propri colleghi, che affrontano le stesse difficoltà, che hanno gli stessi obiettivi, che possono offrire spunti di riflessione ulteriori ai nostri e che ci arricchiscono, è cosa preziosa. Oltre alla sana competizione che ci spinge a fare sempre del nostro meglio.
Per non parlare dei professori, persone estremamente preparate e che per qualche anno sono a completa disposizione degli studenti per sciogliere qualsiasi dubbio, per un confronto anche critico se necessario, per affrontare tutte le nostre incertezze.
Anche perché, soprattutto a seconda delle materie, non è affatto scontato leggere e capire perfettamente qualsiasi cosa, ma è spesso indispensabile porre dei chiarimenti, che in alcuni casi tormentano lo studio se non analizzati a dovere.
In tutto questo l'esperienze universitaria non ha rivali.
A volte non basta leggere, bisogna rileggere, ragionare, costruire una logica, memorizzare.
Insomma, una delle cose più belle del mondo: imparare.
L'università offre una possibilità di crescita a 360°, più unica che rara, che sta allo studente saper cogliere e far propria.
Proprio per questo in tanti non riescono a concludere tale percorso, in quanto è un percorso tosto, che mettere a dura prova la tenacia dello studente, ed è giusto che sia così.
Possono esserci momenti di duro sconforto, di depressione, di rassegnare che ogni studente affronta a modo proprio e che può riuscire a superare tramite diverse strategie.
Un altro aspetto fondamentale è che infatti, nonostante tutto, al fin fine si è soli in questo percorso.
Si è se stessi contro "il libro", metaforicamente parlando.
Da soli bisogna trovare gli stimoli, gli input necessari, la forza per iniziare e/o procedere.
Il merito, nonostante tutte le storture del sistema Italia, è comunque garantito in diverse forme, mediamente sono davvero le persone brave a concludere e bene il percorso di studi, e le meno brave ad avere più difficoltà o a non concluderlo.
E, ancora, non per una questione di intelligenza, ma per una serie di fattori, anche psicoattitudinali (talento compreso) che caratterizzano ogni essere umano.
Per non contare il fatto che, ovviamente, leggere e studiare per conto proprio pecca di un mancanza gigantesca: non prevede il superamento di un esame.
Eh già. Esame che va preparato, programmato, che porta con sé numerose insidie (fortuna e sorte comprese in alcuni casi), che procura ansia in alcuni casi, che costringe ad una organizzazione preliminare, a degli schemi mentali e di lavoro. Che configura in alcuni casi il poter subire delle ingiustizie, anch'esse fanno parte del gioco, quando reali e quando interpretate come tali, anch'esse difficili da accettare.
E che, soprattutto, va superato, da cui scaturisce un voto.
Tutte esperienze che fanno crescere, che formano, che scolpiscono la mente dello studente orientandolo ad un ottimale utilizzazione delle proprie risorse fisiche e mentali.
E, perché no, visto che ci sono costi da affrontare (tasse, spostamenti, libri, ecc.) e potenziali entrate che possono compensarli (borse di studio, benefit studenteschi per fortuna sempre più numerosi ecc.), è un percorso che contiene tanti incentivi a far bene.
Ci sono delle tempistiche da rispettare, una propria organizzazione da implementare e testare giorno dopo giorno in base ai risultati ottenuti, da affinare o da cambiare radicalmente, qualora gli esiti non siano positivi.
Tutte cose che nessun'altra esperienza potrà mai eguagliare.
Né uno studio solitario, né professionale (comunque utile ma non paragonabile), né figuriamoci l'essere totalmente inattivi da un punto di vista intellettuale.
Tutto questo prezioso bagaglio diventa uno strumento fondamentale per la nostra vita, non solo per quanto riguarda un futuro lavoro o la ricerca di esso, ma anche soprattutto per la propria vita in generale, per saper affrontare questioni personali, familiari, per sapere filtrare le informazioni che circolano, per saper capire di chi e cosa potersi fidare, per continuare negli anni a migliorare ed aumentare il proprio bagaglio di conoscenze.
A prescindere da cosa la vita ci saprà riservare, anche qualora, come spesso accade, le materie strettamente studiate non venissero affrontate nel proprio lavoro.
Questo non significa aver sprecato energie e tempo.
Si tratta comunque di un investimento di vita.
Insomma, per essere decisamente meno ignoranti.
Non si parla di intelligenza, di competenze specifiche, di preparazione tecnica: si parla di vita.
Ignorare tutti questi aspetti facendo finta che non esistano, illudersi di poter raggiungere gli stessi risultati in altri modi più facili e meno sacrificanti, snobbare la laurea, significa semplicemente nascondere la testa sotto la sabbia (oltre che rappresentare spesso palese invidia nei confronti di chi ce l'ha).
Significa arrendersi a subire passivamente il mondo, essendo però ingenuamente convinti del contrario.
Rifiutate chi afferma che laurearsi sia inutile.
Rifiutate di accontentarvi delle strade più facili, esse sono illusorie e controproducenti.
Infine, non rassegnatevi all'ignoranza perpetua che troppi politici sperano perduri.
Siate attivi e cercate sempre di imparare cose nuove.
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